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venerdì 8 marzo 2013

Der Spiegel: Vaticano, il principale azionista

 
Ai fini di ampliare la nostra documentazione, qui sotto pubblichiamo la traduzione di un articolo apparso su Der Spiegel nel lontano 1958. I fatti presentati confermano come già da allora si sapesse dello sterminato potere economico della Chiesa Cattolica e dell'Ordine dei Gesuiti. L'articolo, nella sua mirabile sintesi, difetta però di documentare con dovizia alcuni punti [probabilmente dovuto agli spazi del giornale, che non consentono di stendere dei trattati]. Pertanto, nonostante l'autorità della testata, il nostro consiglio è quello di usare quanto riferito dal giornale come base per ulteriori ricerche in merito, al fine di ottenere una verità sempre più accurata.

[su Giannini e la Bank of America potete leggere questa ricerca fatta da avlesbeluskesexposed: Jesuitical Giannini's To Put Learning Against Learning]


Vaticano, il principale azionista
Der Spiegel


13/08/1958


L'Oss. Romano, che nella sua giornaliera cronaca della vita di corte annota tutti i visitatori del santo padre, ha recentemente fatto passare sotto silenzio un ospite: il barone Italiano Bernardino Nogara, al quale papa Pio XII concesse un'audienza speciale.


Bernardino Nogara
Nonostante Nogara sia un laico, egli è da decenni una figura chiave del Vaticano. Come "delegato dell'amministrazione speciale del della Santa Sede" svolge in pratica le funzioni di un ministro delle finanze della chiesa cattolica.

Il barone Nogara, il quale ha 86 anni d'età e soffre anche di  arteriosclerosi, aveva una comprensibile ragione per la sua visita: egli ha chiesto al Papa di liberarlo dalle sue funzioni per motivi di età. Come suo successore, ha proposto il sessantenne barone Massimo Spada, il quale, come Nogara, appartiene da anni al  cervello finanziario del Vaticano ed è  ufficialmente tesoriere dell'Azione Cattolica Italiana.

Pio XII ha permesso all'anziano Nogara di trasferire alcuni dei suoi doveri verso il barone Spada, che ha così adottato praticamente il portafoglio delle finanze. Ufficialmente [Pio XII] non gli ha consentito di ritirarsi, fatto che è stato considerato in Vaticano come un gesto di particolare gentilezza verso una personalità alla quale si attribuisce il merito principale per il quale il Vaticano è oggi probabilmente il più grande detentore di azioni della terra.


La segretezza attorno all'udienza di Nogara con il Santo Padre esprime la  tradizionale discrezione con cui la Curia tratta, dalla fondazione dello Stato del Vaticano, tutte le questioni finanziarie. Il Vaticano ha negato non soltanto qualsiasi informazione sulle sue attività o sulle sue transazioni finanziarie, ma rifiuta anche di render conto ai fedeli del suo bilancio di casa.


Tuttavia, non è un segreto che la Santa Sede è uno dei più grandi poteri finanziari di oggi della terra e per questo, per l'appunto, la sua influenza politica è costantemente cresciuta negli ultimi anni. 

L'enorme portata dell'attività commerciale del Vaticano è suggerita già dal semplice fatto che il nome del Money Manager [amministratore finanziario] Nogara appare in almeno 74 consigli di sorveglianza delle grandi aziende. (In Germania, il banchiere Hermann Abs, con 26 cariche in consigli di sorveglianza, detiene il massimo).

La conservazione del segreto sugli affari del Vaticano è assicurata in primo luogo dal fatto che l'amministrazione della proprietà azionaria è concentrata nelle mani di pochi laici cattolici. Il settimanale della sinistra liberale romana "Espresso" (sovvenzionatore [del settimanale]: precedentemente l'azienda per macchine da ufficio Olivetti, oggi la Fiat) ha recentemente pubblicato un elenco delle persone composto da undici nomi: oltre a Nogara e Spada vi appaiono i tre nipoti del Papa (Carlo, Marcantonio e Giulio Pacelli), il conte Pietro Enrico Galeazzi (responsabile dei lavori tecnici della Città del Vaticano), Giovanni Battista Sacchetti (sovraintendente del Santo Palazzo), Eugenio Gualdi, il conte Paolo Blumenstihl, Francesco Maria Oddasso e l'ex-ambasciatore italiano Vittorio Cerruti.


I nomi di questi individui appaiono, con l'eccezione del trust automobilistico Fiat e dell'azienda della gomma Pirelli, nei consigli di amministrazione di quasi tutte le aziende leader in Italia e quindi forniscono preziose informazioni in merito a dove il Vaticano possiede partecipazioni.


Nel settore bancario, il Vaticano detiene una minoranza di blocco in particolare presso il Banco di Roma (presidente del consiglio di sorveglianza Giulio Pacelli), ha anche determinanti partecipazioni al Banco di Santo Spirito (presidente del consiglio di sorveglianza Barone Spada), al Banco Ambrosiano di Milano e al Banco di Novara. Il nome Nogara appare nella più grande banca di Milano, Banca Commerciale Italiana, il nome  Spada nel Credito Italiano, entrambi i quali sono prevalentemente di proprietà dello Stato.

Il fatto che anche nei consigli di sorveglianza delle Società Elettriche e del Gas di Roma sono presenti i nipoti del pontefice, viene continuamente sfruttato dalla propaganda comunista. Ai lavoratori romani piace richiamare le loro mogli scherzosamente con la parola "Pacelli", nel caso consumino troppo gas o energia elettrica, al fine di indicare che non si dovrebbe permettere a Pacelli di guadagnare ancora di più.


Come ha rivelato un processo-scandalo romano lo scorso anno, il Vaticano possiede pacchetti azionari in quasi tutte le società immobiliari in Italia. Nella "Generale Immobiliare", la più grande azienda del suo genere, che solo a Roma e nei suoi dintorni, dispone di 800 ettari di terreno, la Curia dovrebbe essere in partecipazione, direttamente o indirettamente con circa il 40 per cento. Presidente del consiglio di sorveglianza della "Immobiliare" è il barone Nogara, direttore generale Eugenio Gualdi che siede in tutta una serie di aziende simili ed è uno specialista immobiliare del Vaticano.


Complessivamente "L'Espresso" stima l'ammontare del patrimonio azionario della Santa Sede in 12 miliardi di dollari, che corrisponde a un importo di 50 miliardi di marchi. (Il capitale nominale di tutte le società della Germania occidentale ammonta a circa 26 miliardi di dollari.)


L'ascesa del Vaticano come una delle maggiori potenze finanziarie della terra si è compiuta negli ultimi 80 anni. Lo sforzo per investire le attività della chiesa nelle azioni risale a Leone XIII, che divenne famoso come predicatore della dottrina sociale della Chiesa, ma allo stesso tempo è stato anche un geniale uomo di finanza e colui che strinse l'alleanza della Chiesa cattolica con il moderno capitalismo. [
nota di nwo-truthresearch: su Leone XIII si veda anche: Leone XIII: il papa speculatore a cui è stata intitolata la scuola dove ha studiato Goldman Sachs Monti]

Leone XIII
Le espropriazioni da parte dello Stato subito dopo l'unità d'Italia nel 1870 furono un duro colpo per il Vaticano, che fino ad allora aveva detenuto le proprie attività principalmente in beni immobili. Per questo motivo Leone XIII fondò, un anno dopo la sua nomina papale, nel 1878, la gestione immobiliare "Beni Stabili", con cui aiutò a risanare, nel giro di qualche anno, le cronicamente dissestate finanze della Curia Romana.

Per i suoi successori, il canonizzato Pio X e Benedetto XV, conosciuto durante la prima guerra mondiale per la sua missione di pace, le cose del mondo, come le azioni e le valute, avevano poco senso, per cui la Santa Sede ben presto cadde di nuovo in gravi difficoltà finanziarie. Solo Pio XI, il predecessore dell'attuale Papa, vinse questa calamità.


Pio XI fondò l' "amministrazione straordinaria" della Santa Sede per la gestione di due miliardi di lire (allora circa 450 milioni di marchi), che il governo d'Italia, sotto Mussolini, pagò, dopo la firma dei Patti Lateranensi, per le proprietà della chiesa espropriate in Italia dopo il 1870. Mentre il "Beni Stabili" amministra le proprietà immobiliari, l'amministrazione straordinaria ha cura della proprietà azionaria della Curia.


A queste due istituzioni, l'attualmente in carica Papa Pio XII ne ha aggiunto una terza, l' "Opera religiosa" ("Istituto per le Opere di Religione"), che è diventata la banca di casa del Vaticano. [L'Opera Religiosa] collabora a stretto contatto con il Credit Suisse a Zurigo, in cui i gesuiti dovrebbero essere coinvolti con un considerevole pacchetto. Lo stretto legame tra le due istituzioni finanziarie si vede nel fatto che un dipendente del Credit Suisse siede come ufficiale di collegamento permanente nella romana "Opera religiosa".


Il conto n. 1 della "Opera religiosa" appartiene al Papa, ed è considerato il suo scrigno personale. Su questo conto viene pagato l'Obolo di San Pietro, il quale, come un contributo delle diocesi di tutto il mondo, scorre verso Roma. L' "Opera religiosa" ha, rispetto a   tutte le altre banche, il vantaggio che può mantenere sia il segreto bancario nonché il segreto del confessionale, dal momento che nessuna autorità fiscale dello Stato italiano può prendere visione delle transazioni d'affari in territorio vaticano.


Ci sono una serie di personaggi privilegiati del mondo finanziario italiano in grado di sfruttare i conti dell' "Opera Religiosa" e trarre da ciò un vantaggio considerevole, anche perché i regolamenti di cambio valuta italiani non si applicano alla Città del Vaticano che è  extraterritoriale. Si sostiene, al mercato di borsa romano, che l'abdicata famiglia reale italiana abbia trasferito segretamente, già nel 1942, attraverso l'  "Opera Religiosa", considerevoli attività in un paese neutrale.


Al valore miliardario del patrimonio azionario del  Vaticano si devono ancora contare le attività che sono nelle mani di ordini religiosi e sono quindi controllati, in tutto o in parte, dal Vaticano. In primo luogo, in quanto azionista, vi è l'ordine dei gesuiti, le cui partecipazioni sono stimate in cinque miliardi di dollari.



L'influenza della Compagnia di Gesù nel mondo finanziario americano è diventata visibile per la prima volta una cinquantina di anni fa, quando il finanziere italiano A. P. Giannini fondò la Bank of California, la quale, oggi, sotto il nome cambiato in "Bank of America", è una delle più grandi banche del mondo. Giannini, che doveva il suo capitale iniziale ai gesuiti e che appariva come il loro uomo di fiducia o di paglia,
è stato un finanziere molto abile. Oggi, Bank of America è per il 51 per cento di proprietà dell'Ordine.


A.P. Giannini

A San Francisco, la Compagnia di Gesù finanziò un altro uomo di finanza italiano, il siciliano Antonio Di Giorgio, che ha fondato la compagnia di frutta politicamente influente "Fruit Company Di Giorgio." Il gruppo ha frutteti e piantagioni di banane in America Centrale e una flotta di trasporto di oltre 100 navi.

I gesuiti sono coinvolti anche nelle principali aziende dell'acciaio degli Stati Uniti, Republic Steel e National Steel, inoltre anche nelle quattro più importanti compagnie aeronautiche degli Stati Uniti: Boeing, Lockheed, Douglas e Curtiss-Wright. [I gesuiti] hanno anche il controllo della società indipendente di petrolio "Phillips Oil Co." a Galveston (Texas) e della "Creole Petroleum Co." che ha vaste concessioni nel Venezuela in Sud America.


Fino a pochi anni, fa quando in America del Sud le aziende americane riportarono in vita la concorrenza di mercato, la Compagnia di Gesù aveva anche il monopolio del mercurio. L'esperto finanziario dell'ordine è riuscito, nel 1923, a prendere possesso di tutte le azioni delle famose miniere di mercurio spagnole di Almaden, che erano di proprietà del Banco Hispano-Americano di Madrid.


Dal punto di vista della storia del mercato di borsa, si trattò di un colpo magistrale, poiché i gesuiti spazzarono via la concorrenza della più grande corporation chimica Americana, l'azienda Du Pont de Nemours, la quale voleva pure acquisire le azioni dell'Almaden. Il fondatore di questa corporation, Alfred II du Pont de Nemours, disse
allora: "Ho fatto un sacco di esperienza, non si dovrebbe mai litigare con i sacerdoti, soprattutto non con i gesuiti."


Nel 1932 i gesuiti hanno comprato le miniere di mercurio della Toscana in Italia le quali, insieme ad Almaden, servivano fino a poco tempo quasi esclusivamente il mercato mondiale. Durante la seconda guerra mondiale l'Ordine guadagnò, con questa merce  importante per gli equipaggiamenti militari, da entrambi i fronti. Mentre l'azienda spagnola riforniva soprattutto gli Alleati e la Russia, le miniere italiane rifornivano l'industria degli armamenti tedesca.

[nota dei curatori: all'epoca in Toscana erano attive diverse miniere: nel 1932 quella del Monte AMIATA, ad esempio, fu ufficialmente IRIzzata [ricordiamo che l'IRI fu creata da Mussolini ed era sotto controllo fascista]; ma nel 1932 però nell'IRI c'era anche la COMIT, controllata dal Vaticano; nel 1938, a seguito delle leggi razziali, vennero espulse tutte le partecipazioni riconducibili alle proprietà ebraiche. Per questo motivo anche la miniera del Siele vide un cambio massiccio di proprietà, passando dalla famiglia Rosselli ad una società controllata da un gruppo finanziario che faceva capo al conte Armenise e alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Altre aree minerarie, come quella di Cerreto Piano, passarono, nel 1937, al Gruppo Armenise, Il Conte Giovanni Auletta di Armenise, il nipote di Giovanni Armenise, era un andreottiano.]


In Francia gli interessi della Compagnia di Gesù si estesero alle compagnie automobilistiche Peugeot e Citroen e alla "Banque de Paris et des Pays-Bas," la quale controlla numerose attività in Francia, Belgio e Olanda, quali Schneider-Creusot [l'azienda dell'acciaio francese vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Schneider-Creusot – nota di avles], come anche il casinò di Ostenda. I gesuiti hanno anche un influsso determinante nel parigino Bancque Francaise et Italienne pour l'Amérique du Sud, nel cui consiglio di sorveglianza  appare di nuovo l'esperto finanziario del Vaticano, Nogara; questo istituto finanziario domina praticamente il mercato del caffè sudamericano e la Borsa del Caffà di New York.


Le attività dell'Ordine, tuttavia, sono in gran parte nelle mani dei gesuiti americani, i quali sono economicamente indipendente da Roma e non concedono alla Santa Sede alcun controllo diretto sulla loro proprietà. Lo scorso autunno, all'ultimo Concistoro straordinario, c'era a proposito notevole tensione, in quanto la Curia romana ha chiesto il controllo di tutte le attività americane dell'Ordine.


Gli ottomila sacerdoti americani dell'Ordine sono, al momento, riusciti a sfuggire alla presa di Roma perché avevano i vescovi americani dalla loro parte. La cui posizione nei confronti della Curia romana è infatti abbastanza forte: la sola Arcidiocesi di New York riceve ogni anno dal Vaticano più soldi di tutti i cattolici europei messi insieme.





curatori:





link articolo originale:



http://www.spiegel.de/spiegel/print/d-41762132.html